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L’Intervista | Borelli, il preparatore che fa volare la “Dea”

Michele Affidato- Banner News

Una lunga carriera ricca di grandi successi, una figura quella del preparatore atletico che non stacca mai la spina nemmeno nei momenti in cui termina l’attività agonistica. Con grande dedizione e passione il crotonese Domenico Borelli, per molti semplicemente “prof ” è riuscito a fare volare l’Atalanta del collega e amico Gian Piero Gasperini. Un “tandem” partito da Crotone e proseguito, dopo alcuni anni in seno alla formazione nerazzurra che ha raggiunto, al termine di questa stagione, il suo massimo risultato nella storia, il terzo posto in Serie A e la qualificazione con merito alla prossima Champions League.

«Se dovessi dare un voto alla stagione dell’Atalanta darei non meno di 10. Da quando l’Atalanta è stata fondata non era mai riuscita ad arrivare al terzo posto in Serie A – dichiara con soddisfazione Domenico Borelli -, non penso che si potesse fare di più quest’anno. è stato un risultato sicuramente superiore all’aspettativa».

Quando avete capito che il grande traguardo della Champions League poteva essere alla vostra portata?

«Secondo me dopo avere ottenuto la vittoria al “San Paolo” contro il Napoli è arrivata la speranza di potercela fare. Ci sono stati due pareggi interni contro ChievoVerona e Empoli che sono state compensate da vittorie esterne. Proprio il successo sul campo dei Partenoepei ci ha dato quell’iniezione di fiducia, quella consapevolezza di potere raggiungere questo grandissimo traguardo».

Da tre stagioni i successi dell’Atalanta, diventata una solida realtà del calcio italiano, si sono identificati anche nella bontà del lavoro svolto. In tanti si domandano quale sia il “segreto” del proff che riesce a fare correre le squadre durante tutta la stagione e a farle letteralmente volare a Primavera.

«Il segreto risiede nel lavoro congiunto, l’allenamento viene programmato insieme all’intero staff tecnico con a capo l’allenatore. Oltre a questo la parte più importante rimane il lavoro svolto dai calciatori, che in questa stagione si sono allenati al meglio dando sempre tutto. In gara poi sono riusciti ad avere una grande continuità di prestazione che si è prolungata durante tutto il campionato. Il lavoro giornaliero dunque è l’arma vincente, organizzato in tutte le sue componenti e con la partecipazione massima dei calciatori».

Diversi gli anni di lavoro svolto con un altro “simbolo” del calcio crotonese: Gian Piero Gasperini, allenatore indimenticato nella terra pitagorica e per il quale i tifosi rossoblu nutrono sempre grande stima. Come è lavorare con un tecnico come lui?

«Ho lavorato con tanti allenatori, con alcuni ho lavorato bene con altri meno. Con Gasperini, però, credo che siamo riusciti a trovare una grandissima unità d’intenti, abbiamo una piena condivisione di quelli che sono i metodi di lavoro, di conseguenza in questo modo ci si riesce ad esprimersi al massimo delle nostre potenzialità».

Lei e Gasperini siete partiti entrambe da Crotone, poi lei è ritornato dando vita ad una delle pagine più belle della storia del Crotone con la Serie A. Che ricordo conserva dei suoi trascorsi a Crotone?

«Posso dire in tutta sincerità che se non ci fosse stata la fiducia del Crotone io non avrei mai pensato di avviare l’attività di preparatore atletico. La mia vita professionale parte proprio dal Crotone, in particolare dal primo campionato di CND e per un puro caso: io allenavo in quel periodo le squadre giovanili e fui indicato come potenziale profilo per svolgere il ruolo di preparatore atletico. La società in quel periodo aveva già un allenatore, cercava però un preparatore atletico e dopo una valutazione scelsero me. Io venivo da un pregresso di atletica leggera, e mi sono ritrovato a ricoprire questo nuovo incarico professionale».

Da li alle stagioni a venire il suo lavoro è stato arricchito da una serie di grandi successi tra le fila del Crotone.

«Con il Crotone mi sono preso tutte le soddisfazioni possibili ed immaginabili: arrivare in Serie A con la squadra della propria città è un qualcosa di storico, che non può essere spiegato con parole semplici. Ognuno di noi non avrebbe mai immaginato di vedere la squadra della propria città in massima serie ma ci siamo riusciti. Arrivarci poi per come ci siamo arrivati noi, con la qualità del gioco espresso e i grandi successi ottenuti durante tutta la stagione della promozione è stato una grandissima soddisfazione di gruppo».

Da addetto ai lavori, ma ancora per ovvie ragioni tifoso del Crotone, cosa pensa che non sia andato nell’ultimo campionato degli squali?

«Come già ho avuto occasione di dire nel recente passato penso che la squadra, secondo il mio punto di vista, ha pagato la pressione di dover tornare subito in Serie A, quando le caratteristiche vincenti del Crotone in passato sono sempre state quelle di allestire una squadra competitiva e giocarsi il campionato senza grandissime pressioni. Poi, ovviamente, la bontà della squadra e le qualità dell’allenatore sono venute fuori nel girone di ritorno quando si è registrato anche il recupero di calciatori importanti che hanno subito degli infortuni nella prima parte del torneo».

Avendo affrontato campionati di cadetteria e stagioni di Serie A, quali sono le principali differenze e il modo di vivere il calcio giocato?

«L’aspetto tecnico differenzia le due categorie in modo netto e non paragonabile. Se in cadetteria commetti un errore, a volte non vieni punito subito e hai modo di rimediare o scampare dei pericoli, se sbagli invece nella massima serie l’errore quasi sempre può costarti caro e gli avversarie possono punirti subito. Dal punto di vista della struttura fisica dei calciatori parliamo di categorie completamente differenti. In massima serie c’è gente che detiene un peso specifico maggiore in tutti gli aspetti, non a caso le squadre che in genere vengono promosse in Serie A, affrontando molte difficoltà nel mantenere la categoria superiore e cercano di apportare correttivi con calciatori che conoscono questa specifica e difficile categoria».

L.V.



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