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Amarcord | Carmine Leone: «Vincere con la maglia della propria città è stata una gioia indescrivibile»

Michele Affidato- Banner News

Amarcord  | Un figlio di questa terra, uno dei pochi “Profeti in Patria”. Per cinque stagione cuore e anima della squadra rossoblù tra Serie C1 e Serie B. E’ stato uno dei protagonisti della trionfale cavalcata che ha portato alla vittoria del campionato di terza serie 1999-2000, contribuendo a scrivere una pagina di storia indelebile del calcio crotonese in chiusura di secondo millennio. Si tratta di Carmine Leone, centrocampista nativo di Isola di Capo Rizzuto, trascinatore e uomo della provvidenza, soprattutto nella sua prima annata con gli squali.

Passano gli anni ma le emozioni rimangono indelebili. Come sei arrivato a vestire la maglia del Crotone?

«Ho iniziato tra i professionisti indossando la maglia del Catanzaro in Serie C2. Dopo alcuni anni in giallorosso mi sono trasferito, ad Arezzo, Rossano e Cirò in Serie D, per poi giocare con L’Aquila e da li sono stato contattato dal direttore sportivo Beppe Ursino, arrivando di fatto al Crotone».

Erano annate nelle quali la società aveva deciso di investire molto.

«Si, la società grazie alla famiglia Vrenna puntava in alto. Era stata allestita nella stagione 1999-2000 una rosa importante, calciatori di categoria e scommesse dimostratesi poi vincenti. Potevamo contare su un gruppo compatto, una squadra con qualità calcistiche ma soprattutto umane».

Il Crotone poteva contare anche su un suo figlio, Carmine Leone.

«Per me indossare questa maglia è stata una grande gioia. Io, nativo di Isola C.R. in rossoblù. Poi ottenere successi con la squadra della propria terra concede emozioni uniche e non è una cosa da tutti».

Cinque stagioni vissute intensamente, ricche di successi, ma soprattutto di grandi soddisfazioni.

«Ricordo bene tutte le annate, ma in particolare la prima con Antonello Cuccureddu, un tecnico che successivamente mi ha voluto anche nell’avventura di Avellino. Ricordo con piacere ed emozione una mia rete, non segnavo molto a dire il vero, però quella fu importantissima. Si tratta del gol portato a segno contro la Nocerina, marcatura che di fatto ci diede la vittoria».

Erano stagioni che vedevano il pubblico “affamato” di successi sportivi, sinonimo di rivalsa sociale.

«Era bellissimo giocare all’Ezio Scida, ma posso dire che anche in trasferta i tifosi non facevano mancare il loro supporto. Spesso, al rientro delle trasferte, capitava di fermarci in autogrill con la squadra incontrando così gli stessi tifosi con i quali scambiavamo due chiacchiere. Si viveva in simbiosi, squadra e tifosi. Quando entravi in campo poi ti veniva la “pelle d’oca”, erano il dodicesimo uomo in campo».

Un legame particolare si è venuto a creare tra lo stesso centrocampista e il “Cobra” Andrea Deflorio.

«Sicuramente con lui c’è stato un grande legame. Mi sento un pò con tutti ma con Andrea si è creato un legame maggiore, un rapporto bellissimo, un compagno con il quale condividevo anche la camera nei ritiri estivi».

Le vittorie a Crotone hanno sempre avuto degli aneddoti legati alla scaramanzia.

«Posso dire che in quelle stagioni c’era Mimmo Giampà che prima di ogni gara amava distruggere qualcosa, tirava per aria il tavolino, senza dimenticare poi Marco Pecorari che per scaramanzia ha giocato molte gare di campionato con la fascia in testa, col senno del poi possiamo dire che hanno funzionato».

La città come veniva vissuta da voi calciatori?

«Crotone si presta ad una vita tranquilla, con i compagni però non mancavamo di spostarci in provincia, a volte anche a Isola di Capo Rizzuto per una cena o una semplice pizza».

Che sensazioni provi, ora, nel vedere il Crotone, la squadra che hai contribuito a rendere “grande” in Serie A?

«Una grande soddisfazione, più che per noi per la dirigenza che nel corso degli anni ha lavorato alla grande meritando i successi ottenuti».

Leonardo Vallone



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